Pagine

giovedì 26 febbraio 2009

lunedì 23 febbraio 2009

Il medium dei media

Vi segnalo l'intervento di Luca Toschi al TED di Genova.
Semplice ma molto efficace

http://www.csl.unifi.it/lavagnadigitale/intervento.html

Internet a scuola?

Quando un tema che ci sta particolarmente a cuore e dal quale dipendono aspetti importanti della nostra vita  passa finalmente in modo improvviso dall'oblio quasi assoluto alla prima pagina dei giornali ci coglie una sensazione tra l'incredulità e l'euforia, come di chi vede finalmente riconosciuto un merito per lungo tempo negato o misconosciuto e per il quale ormai non nutriva più alcuna speranza.

In tali momenti è alto il rischio di pronunciare o peggio scrivere frasi dai toni eccessivi o fuori luogo, salvo pentirsene di lì a poco. Mi limito quindi a riferire il mero accaduto:

Questa mattina a pochi lettori di Repubblica sarà sfuggito l'articolo di Salvo Intravaia sulla prima pagina del quotidiano dal titolo "Internet non va più a scuola", sottotitolo "Ore ridotte per informatica: era una delle tre I della riforma Moratti". Si legge tral'altro nel primo paragrafo, sempre in prima, "Il taglio delle cosidette compresenze nella scuola primaria e la riduzione delle ore di Tecnologia nella scuola secondaria di primo grado renderà quasi impossibile l'insegnamento dei primi fondamenti di informatica e internet a bambini e ragazzini".

No comment.

venerdì 20 febbraio 2009

non solo LIMousine





La LIM non è solo la LIMousine, quella apparecchiatura sussiegosa e vagamente esclusiva che molti di noi hanno (intra)visto in qualche aula defilata o sotterranea della propria scuola...

La LIM può (e dovrebbe) essere una tecnologia semplice, economica, aperta.

Grande merito al Progetto Marconi dell'USP di Bologna di avere recepito e rielaborato le idee che da qualche tempo friggevano sulla rete e di avere definito e realizzato una LIM di basso profilo, economica e per nulla sussiegosa.

Per informazioni scrivere a: wiidea@usp.scuole.bo.it


Uno sguardo alla LIM


Qualche giorno fa ho preso parte ad una riunione in cui si parlava della LIM. La discussione e il confronto mi hanno suggerito alcune riflessioni.

1.
Come si colloca la LIM nell'ambito delle tecnologie educative? Certamente erano anni che le polverose aule scolastiche non conoscevano uno 
strumento didattico totalmente nuovo, almeno da un punto di vista meramente tecnico, come la LIM. Ma come sempre, avendo a che fare con le tecnologie educative, il punto focale non è lo strumento ma sono le strategie e le metodologie che si adoperano. In altre parole possiamo usare la vecchia lavagna di ardesia per fare della didattica fortemente innovativa; oppure strumenti ad alto contenuto tecnologico per riproporre vecchi schemi e vecchie strategie.
Bisogna allora chiarire quale sia il 
potenziale di impiego della LIM nella didattica in almeno due contesti: il primo riguarda l'utilizzo della LIM in appoggio a strategie didattiche ormai consolidate; l'altro riguarda la possibilità di basare sulla LIM nuove metodologie e nuove strategie, rese possibili da un suo impiego innovativo e originale. Un'approccio pragmatico dovrebbe dare la precedenza al primo dei due punti, passando alla considerazione del secondo solo una volta raggiunta una adeguata confidenza con il nuovo strumento.

2.
E' interessante notare come nel dibattito e nel confronto sulla LIM spesso emerga un atteggiamento che si potrebbe riassumere nella frase: "la stessa cosa la potrei fare anche ...". L'insegnante esperto, che usa abitualmente altre tecnologie, è portato razionalmente a isolare le singole funzioni della LIM e a suggerire e indicare strade alternative per fare la stessa cosa, ottenere gli stessi risultati.
Non bisogna però dimenticare che la presenza e la disponibilità stessa di una nuova tecnologia, come ci ha insegnato McLuhan, determinano un cambiamento nel nostro modo di percepire la realtà (scolastica e didattica) e quindi di agire all'interno della classe. Entrare quindi nel "mondo" della LIM significa adottare una nuova tecnologia didattica, in aggiunta a quelle già impiegate, e lasciare che la nostra mente, attraverso l'uso protratto nel tempo di questo strumento, lo accolga come una sua protesi (didattica) permanente. Solo così potremo usare la LIM in modo consapevole e pieno.

3.
Che cos'è la LIM? E' possibile darne una 
definizione? Indicarne la funzione, almeno la prevalente? Se ci concentriamo sulla versione non-interattiva, intendendo con ciò la versione priva delle apposite tavolette per l'immissione di informazioni in modo distribuito, credo si possa affermare, ma la questione non è affatto semplice, che la funzione predominante della LIM sia quella di comunicazione (di messaggi) e presentazione (di contenuti).

Quali le differenze, ad esempio, rispetto a 
un computer multimediale e connesso a internet abbinato ad un videoproiettore? Non è di poca importanza rispondere a questa domanda, o a domande simili: permette di affinare la propria comprensione delle diverse tecnologie didattiche, condizione necessaria per un loro uso efficace.

La LIM consente ad esempio, diversamente dall'apparato sopra descritto, di:
interagire attraverso una interfaccia amichevole ed ergonomica, del tutto simile a quella caratteristica della lavagna tradizionale. Il gesso viene sostituito da un "gesso virtuale" rappresentato dal puntatore che rende possibile scrivere e disegnare sulle immagini proiettate con varietà di segni e di colori. Va osservato di passaggio che la consueta interfaccia di un computer, con mouse e tastiera, non si distingue per essere particolarmente amichevole; quindi la LIM offre all'utente una molto maggiore immediatezza e facilità di utilizzo, soprattuto per la postura eretta tipica del lavoro d'aula.
memorizzare (ed eventualmente archiviare), sotto forma di successione di slide, il percorso di lavoro svolto durante una lezione;  per un utilizzo immediato, durante la stessa lezione, oppure per utilizzi successivi. Si noti la differenza rispetto al videoproiettore: in quel caso il percorso può essere semplicemente seguito ma non richiamato (se non in modo macchinoso) e "navigato" liberamente.

sabato 14 febbraio 2009

La settima arte


Premessa

Parliamo di Cinema e di Scuola. L'idea che vorrei esprimere in questo breve articolo può essere così riassunta: nella scuola, soprattutto nella scuola media, si ricorre alla visione di un film in modo spesso occasionale ed estemporaneo cogliendo solo in minima parte le grandi potenzialità formative ed educative nonchè didattiche di questo mezzo di comunicazione

Io, ad esempio

Se mi fermo a pensare a quella strana ed acerba età di passaggio a cavallo tra la fanciullezza e le prime avvisaglie dell'adolescenza, in cui convivono cozzando in maniera sgraziata atteggiamenti e comportamenti contrastanti, gli ultimi abbandoni infantili e le prime pulsioni sessuali, la mia mente spesso ritorna a quella scena di "C'era una volta in America" in cui un giovanissimo aspirante malvivente finisce per mangiarsi quella pasta ricoperta di panna montata che aveva inizialmente pensato di barattare con le "attenzioni" di una compagna di cortile particolarmente procace e libertina. Ve la ricordate quella scena?

Ma non è un fatto episodico e isolato: estraggo dalla memoria le scene che più si accostano alle situazioni che sto vivendo, ai momenti che sto attraversando. Le scene che meglio si prestano a gettare luce sugli eventi, a fornire una chiave di lettura e di interpretazione.

Ritengo che si tratti di un meccanismo comune e diffuso. Non ripeschiamo dalla nostra memoria solo esperienze dirette ma anche esperienze indirette come quelle rappresentate da scene cinematografiche, brani di letteratura o di poesia, canzoni, brani musicali, arie d'opera, ecc. Disponiamo, in altre parole, di un abaco di narrazioni che ci aiuta nell'affrontare le situazioni della vita e al quale ricorriamo continuamente. Lo stesso avviene per le nuove generazioni anche se i generi narrativi, per così dire, sono in continua evoluzione. A quelli tradizionali, a noi tanto familiari come la letteratura o il cinema, se ne aggiungono di nuovi come, ad esempio, il videoclip (prima su Video Music, adesso su You Tube) o il reality show.

E il cinema? Il cinema è uscito dalle sale per entrare nelle abitazioni, ma rimane un media di grande impatto anche per le nuove generazioni.

Una carrellata

Venendo alle nostre scuole, mi vorrei soffermare sull'impiego che viene fatto del medium cinematografico.
1. Il film ricorrenza. E' il caso del film proiettato in occasione di particolari ricorrenze, come la giornata della memoria oppure l'anniversario della liberazione. Nel migliore dei casi il film viene preceduto o seguito da qualche attività didattica, ma più spesso si tratta di una visione estemporanea e scollegata dal lavoro di classe.
Nel gergo scolastico per riferirsi al fatto che la visione di un film risponde a precisi (?) criteri didattici e non è affidata al caso si usa dire "Poi ci lavoriamo sopra" anche se spesso si ha la sensazione che il lavorarci sopra risponda ad esigenze di superficie quando non addirittura di semplice apparenza.
2. Il film storico. Si ricorre a questo tipo di proiezione quando si affronta un certo argomento storico, in Storia o in altre discipline. Si fa in questo caso del film un uso "libresco": esso potrà, si pensa, come e più di un buon libro, illustrare fatti e situazioni di quel particolare periodo storico.
3. Il film tappabuchi. E' forse uno degli impieghi più frequenti. Due ore di supplenza sono l'occasione per "infilare" la visione di un film, anche se molte volte il tempo non è sufficiente per arrivare ai titoli di coda, e quindi tutto rimane come sospeso e incompiuto. La scelta del film è piuttosto casuale e spesso risponde ad un compromesso tra intenzioni didattiche dell'insegnante e desideri di evasione degli alunni.

Visioni

Fatta questa rapida e non esaustiva carrellata, per usare un termine cinematografico, sulle modalità che più spesso si usano per proporre un film ad una classe, vorrei soffermarmi su alcuni punti in un ottica di miglioramento.

a. Il linguaggio cinematografico rappresenta uno strumento essenziale per la comprensione di qualunque messaggio visivo e non solo. Oltre al cinema ne fa ampio uso la pubblicità, il videoclip (quindi youtube ecc.) , il fumetto, la letteratura. L'area linguistica spesso si occupa in modo superficiale di questo linguaggio, quando non lo trascura del tutto. Sono convinto che la scuola abbia il compito di fornire le basi per la comprensione e l'impiego del linguaggio delle immagini in movimento.

b. Sono dell'idea che il cinema, anche nella sua versione domestica o scolastica, rappresenti un formidabile strumento di educazione e formazione e ne riconosco l'immenso potenziale culturale. Pensando poi alle giovani generazioni e ai cosidetti nativi digitali mi pare che il suo potenziale comunicativo sia ancora più prezioso. Il suo ruolo e la sua funzione, da sempre subordinati a quello affidato alla scrittura e al libro, dovrebbero invece godere di ben altra considerazione. Il cinema nella scuola merita di essere uno tra i principali strumenti didattici e non di svolgere mansioni accessorie e occasionali.

c. La visione di un film è una esperienza collettiva, corale e democratica. Il ruolo dello spettatore è comune e condiviso da tutti gli allievi. Il silenzio, la concentrazione, l'ascolto prendono il sopravvento. Il film diventa, o meglio può diventare, patrimonio della classe. Quindi anche elemento di comune identificazione, di coesione. Credo che la corretta visione di un film (continua, ininterrotta, senza uscite per il bagno o altre distrazioni) possa costituire un prezioso cemento per la formazione del gruppo classe.

Vorrei sottolineare un punto importante. L'esperienza collettiva della visione di un film è però accompagnata da quella individuale, differente da allievo ad allievo. Raramente, in ambito scolastico, si assegna a questa esperienza individuale e di forte impatto emotivo e affettivo un particolare valore. Spesso non se ne tiene conto e si procede ad un uso puramente strumentale del film, piegandolo ad un uso esclusivamente didattico quando non didascalico.

L'uso eccessivamente strumentale che spesso si fa del film rischia di attenuare o addirittura dissolvere sia l'effetto socializzante che quello affettivo ed emozionale.
Il risultato è che il film, invece di trovare una collocazione nel vissuto affettivo di ciascuno e di essere ammesso nella memoria collettiva e condivisa della classe, slitta più facilmente nel limbo dei "lavori scolastici" e forse presto sarà dimenticato.

In conclusione (per adesso)

A scuola allora si deve riflettere sull'uso che si fa del cinema e sull'uso che si potrebbe fare. La consapevolezza che i nostri ragazzi sono molto più vicini e inclini alla comunicazione visiva piuttosto che a quella tipografica deve farci trovare nuove strategie che restituiscano al cinema il ruolo che merita.

lunedì 9 febbraio 2009

Grazie Iacona

I mezzi di comunicazione.

La visione della (bella) puntata di Presa Diretta di ieri sera mi ha suscitato molte emozioni. La prima che sono riuscito a decifrare riguarda i mezzi di comunicazione.

Ho sempre pensato, da quando ho messo piede nella scuola come insegnante, che fosse un compito fondamentale quello di educare i giovani (e i giovanissimi) ad un uso consapevole e corretto dei mezzi di comunicazione di massa. La TV in primis. Poi la radio. Oggi YouTube. Insomma sono dell'idea che la "media education" debba essere un importante capitolo di qualunque progetto educativo o didattico, di qualunque POF.

E invece ho sempre visto le nostre scuole chiudersi di fronte ai mass media. Mai la TV. Mai la radio. Pochissimo internet, e sempre in luoghi ben isolati, ben perimetrati. Per non parlare dei videogiochi.

E invece eccole le classi che dico io! 
La TV, pronta per essere accesa e "smontata". Il computer, cardine ormai di ogni forma di comunicazione. E (ovvio, ma vai tu a capire) un videoproiettore (da quattro soldi, ma va benissimo) a soffitto, per mostrare ciò che si deve mostrare: programmi TV, video su internet, documentari, videogiochi, ecc.

"Si, ma con quali costi!" qualcuno dirà. Qualcuno che, viene da pensare, un giretto da Media World e all'IKEA non se l'è ancora fatto...

giovedì 5 febbraio 2009

Lingue

Nella biografia di Blaise Pascal scritta dalla sorella si legge di come egli sia stato formato dal padre:

Gli faceva conoscere in generale che cosa erano le lingue; gli mostrava come fossero state ricondotte ad una serie di regole grammaticali, le quali avevano poi delle eccezioni che venivano sottolineate con cura; e che così si era trovato il mezzo di rendere tutte le lingue facili a comunicarsi da un paese all'altro. Questa idea generale gli apriva lo spirito e gli faceva vedere la ragione delle regole grammaticali di modo che quando dovette studiarle sapeva perchè lo faceva e si applicava proprio alle cose che esigevano maggiore applicazione.

Mi sembra che questo racconto getti un po' di luce sull'acceso dibattito intorno alla (possibile) esclusione della seconda lingua straniera dall'istruzione di base, accompagnata questa esclusione da un corrispondente rafforzamento dell'insegnamento dell'inglese. Penso da tempo che l'insegnamento delle lingue nella scuola di base dovrebbe essere appunto uno studio "delle lingue", ovvero della grammatica di molte lingue in un'ottica trasversale. Meglio affrontare, ad esempio, contemporaneamente lo stesso argomento grammaticale in inglese, francese e spagnolo,  (e perchè no anche tedesco, arabo, cinese, ecc.) piuttosto che affidarlo separatamente a percorsi disciplinari distinti e separati. Perchè separare quello che è intrinsecamente unitario?
Perchè non insegnare ai ragazzi le lingue latine, ad esempio, come un "sistema" unitario?

Il fatto è che la discussione non è tra l'eliminare o il conservare la seconda o la terza lingua, bensì tra l'eliminare o il conservare le ore di quella disciplina (il francese e lo spagnolo in questo caso) e il relativo posto di lavoro. Impossibile risollevare il tenore della discussione e del confronto?