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martedì 16 novembre 2010

Polvere...

Quando mi aggiro per la mia scuola mi piace curiosare negli scaffali, prendere in mano vecchi libri ormai dimenticati e ricoperti dalla polvere. Sfogliare questi oggetti di modernariato, se non di antiquariato, ti aiuta a capire o almeno a farti un'idea di quale può essere stata la storia della nostra scuola pubblica, di tutto quello che ha attraversato.

Qualche giorno fa, sullo scaffale proprio accanto alla porta del bagno per docenti che frequento abitualmente ho fatto un singolare ritrovamento: era un malloppo di fogli in formato A4, una specie di dispensa non rilegata, fotocopiati da un originale scritto per lo piu' a mano o con macchina da scrivere. Più singolare dell'aspetto era l'argomento di questo materiale: la Qualità. Si trattava quindi di materiale didattico collegato allo svolgimento di un qualche corso di formazione o aggiornamento che si era svolto in quella scuola un bel po' di anni prima (non ricordo la data esatta).

La cultura della Qualità ha tentato più di una volta di farsi strada nel mondo della Scuola, ma direi con scarso successo. Ha sempre incontrato resistenze fortissime e si è dovuta accontentare di raccogliere un po' di polvere sopra ad un paziente scaffale.

E a pensarci bene non solamente la Qualità, ma anche altre nobili teorie hanno fatto naufragio nel tentativo di fare breccia nelle poderose difese del mondo scolastico. Penso alla Teoria delle Organizzazioni, ad esempio. Oppure a quel campo importante di conoscenze teoriche e pratiche che riguarda la comunicazione mediata dal computer e dalle nuove tecnologie.

lunedì 1 novembre 2010

lunedì 21 giugno 2010

sabato 10 aprile 2010

grazie Piero

Ricopio dal sito di Scuolaoggi questo bel ricordo di Piero Romei, che non ho fatto in tempo ad incontrare ma che rivive nei preziosi testi che ci ha lasciato.

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In memoria di un Maestro (e di un amico)
Ven, 2006/11/03 - 1:04pm


Piero Romei, l'ho incontrato per la prima volta a Padova, nel marzo del 1988, in occasione di uno dei primi convegni sull'Autonomia scolastica. Ero stato io ad avvicinarlo prima che iniziasse il suo intervento in sala, animato - devo dirlo - da una certa emozione nel fare conoscenza di un autore già così tanto letto, citato e studiato. Di quell'incontro serbo il ricordo di una curiosa transazione. Avevo tra le mani un manualetto di sociologia, appena acquistato alla vicina libreria Draghi. Piero mi chiese di vederlo; glielo passai; un'occhiata rapida ai titoli di copertina e subito a chiedermi se non avessi avuto nulla in contrario a rivenderglielo. Come dirgli di no. Una bizzarria d'artista, pensai allora. Oggi quella lontana impertinenza mi dice di una sua sconfinata curiosità accademica accompagnata - lo scopersi piacevolmente in seguito - da una altrettanto spiccata propensione allo stare insieme: attorno ad un tavolo di lavoro come ad una tavola da pranzo; a non sottrarsi mai ad alcun argomento di conversazione, elevato o frivolo che fosse; a vivere con tutti i registri raffinati dell'emotività - dall'insofferenza della parola e del gesto alla genuinità del riso - gli accadimenti della quotidianità.
Piero Romei era fatto così. Maestro di ardite ingegnerie intellettuali e, insieme, uomo immerso gioiosamente nel suo tempo. Ma lui non era la somma delle due storie. Piero era il cerchio di "insieme" delle due storie. Era l'uomo che offriva al maestro materiale di realtà da elaborare scientificamente ed era contemporaneamente il maestro che consegnava all'uomo le sue teorizzazioni per interpretare acutamente, in modo originale la realtà.
In ciò, in questo continuo processo di contaminazione tra astrazioni di pensiero e dati di realtà, trovano spiegazione le sue lussuose similitudini. Impossibile richiamarle tutte. Ricordo quella del "pallone sgonfio" che, a calciarlo, non si può sapere in quale direzione finirà per dirigersi: a rappresentare l'imprevedibilità dei processi didattico-organizzativi, nella complessità del fare scuola, quando non siano sorretti da programmi sperimentali di azione: tutti certamente da verificare, ma comunque erogatori di razionalità in un pallone altrimenti sgonfio. Ricordo ancora, quando è il momento di illustrare le responsabilità della scuola sui processi di insegnamento (=output) più che sugli esiti di apprendimento (=outcome), la similitudine con la "Agenzia di viaggio" che va legittimamente chiamata a rispondere in caso di mancata realizzazione dei suoi pacchetti turistici, ma alla quale i clienti non potranno mai addebitare "di non aver trovato l'anima gemella o di non essersi divertiti o di aver trovato tempo cattivo".
All'Università di Bologna gli studenti del suo corso lo ricorderanno forse come il professore del cineforum. Sì, perché il prof. Romei, per fornire concretezza agli assunti scientifici delle sue lezioni, amava selezionare pacchetti di film sui quali chiamava gli studenti ad esercitare le proprie conoscenze in materia di sistemi e strutture organizzative. Ancora un'altra occasione, un'altra modalità per incrociare l'astrazione scientifica con un'espressione, per altro accattivante, della realtà.
Caro Piero, mi rendo conto solo adesso di aver già scritto molto, ma di non aver ancora detto nulla di ciò che tu hai realmente rappresentato per la scuola italiana. E' vero, quando tu arrivi parole e cose del rinnovamento sono già in circolazione. C'è stato il '68, c'è stato il prete di Barbiana, ci sono stati soprattutto i Decreti Delegati del '74. "Qualità degli apprendimenti" e "Uguaglianza delle opportunità" costituiscono il manifesto della nuova scuola; la bella sequenza "Formazione e Aggiornamento - Libertà di Insegnamento - Sperimentazione" è chiamata a farne lo strumento attuativo; le articolazioni della "Collegialità" ne garantiranno il tratto democratico. Eppure, il decennio che separa i Decreti Delegati dall'apparizione del tuo libro "La scuola come organizzazione" viene ancora ricordato soprattutto per l'immissione in ruolo di un esercito di docenti precari. Oggi appare chiaro come la Riforma degli anni '70 abbia, sì, fornito al sistema scolastico tutti i più importanti pezzi del rinnovamento, ma non abbia consegnato alle scuole né lo "Schema tecnico dell'impianto" né il libretto per le "Istruzioni d'uso e di manutenzione". Risultato: malgrado il fervore dei primi Consigli e dei primi Collegi; malgrado la facoltà di sperimentare metodi, didattiche e perfino ordinamenti innovativi; malgrado il riconoscimento ufficiale dell'Autonomia docente rispetto ai severi vincoli fino ad allora burocraticamente imposti, quando tu arrivi i riti e i miti individualistici della vecchia scuola sono ancora tutti maledettamente attivi.
Allora sarai tu, Piero, a recapitarci sottobraccio schemi e istruzioni per il montaggio della scuola nuova. Ce ne descriverai strutture, processi e possibili disfunzioni utilizzando scenari organizzativi, affascinanti perché applicabili. Ci dirai così, un giorno, del "modello a matrice" in cui le competenze coltivate nel gruppo verticale di dipartimento disciplinare incrociano con il progetto interdisciplinare del Consiglio di Classe; insisterai un altro giorno sulla necessità di "standardizzazione degli obiettivi" per dare senso ai processi di verifica/valutazione nella fase di controllo dell'azione organizzativa; ci descriverai la scuola come "sistema a legame debole" nella quale, pur ai suoi massimi livelli, la "complessità" non deve indurre all'inerzia, alla rinuncia ad agire; argomenterai del diverso carico di responsabilità imputabile alla scuola sul piano dei "processi" e dei "risultati"; sosterrai il carattere nobile, cavalleresco di ogni "impresa organizzativa"; ti spingerai un giorno fino a scommettere sulla possibilità di razionalizzare la "qualità"; (...)
Da allora, sempre e dovunque con il tuo sapere, con il tuo saper fare, con il tuo brillantissimo saper usare di penna e di parola.
Da allora, fino alle 3 di ieri notte.


Nicola Casaburi