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sabato 26 dicembre 2009

e io pago

Mi chiedevo quanto costa Windows 7, il nuovo sistema operativo di casa Microsoft, il successore del famigerato Vista. In realtà viene venduto attraverso svariati canali commerciali e in svariate versioni. Non quindi un solo prezzo ma tanti prezzi. Trovo l'informazione su un sito che mi pare abbastanza attendibile:

Windows 7 Starter Edition: USD $199.95
Windows 7 Home Premium Edition: USD $259.95
Windows 7 Professional Edition: USD $299.95
Windows 7 Ultimate Edition: USD $319.95

Per completezza ho fatto una foto anche sul sito Microsoft.

Insomma non te lo regalano, sia chiaro. Il fatto che te lo trovi già bello installato sul tuo pc nuovo di zecca non vuol dire che non lo hai pagato. Su questo spero che non ci siano dubbi, vero?

Insomma costa molto o costa poco?

Natale

... BUONE FESTE ...

venerdì 18 dicembre 2009

l'anno di internet

Anche quest'anno la Società Italiana di Pediatria ha svolto la sua importante indagine sullo stile di vita degli adolescenti o preadolescenti. In questi giorni i risultati della ricerca vengono discussi a Bologna nell'ambito di un convegno. Riporto un breve stralcio del documento di commento ai dati raccolti:

L'utilizzo tra gli adolescenti del Pc, ed in particolare di Internet, è cresciuto, dal
2000 ad oggi, in modo costante e netto. Lo scorso anno (2007) ad avere il PC
in casa era risultato essere il 95% degli intervistati (nella quasi totalità dei casi
con il collegamento ad Internet); ad utilizzare Internet tutti i giorni il 30% del
campione; a non entrare mai in Internet il 17,3%. 
In 8 anni non si era mai osservato, però, un incremento del fenomeno di
portata simile a quello registrato quest'anno. Pur rimanendo costante il
numero di possessori di PC (anche se aumenta il numero di famiglie che ha più
di un PC in casa), l'utilizzo quotidiano di Internet è aumentato in un anno di
oltre il 10%. Ad entrare ogni giorno in rete è, oggi, il 42,4% degli adolescenti,
mentre solo il 12% non si collega mai in Internet.

Per le informazioni complete andate a questo sito.


televisione

mercoledì 16 dicembre 2009

cartoni animati

Mi sono accorto, usando Gmail, di un collegamento ad alcune animazioni che illustrano alcune caratteristiche della posta di Google. Sono deliziose. Oltre che dei piccoli capolavori di sintesi e di comunicazione.

lunedì 14 dicembre 2009

la scuola supemarket


Nella scuola supemarket, del resto, è naturale che la dimensione comunitaria sia posta in secondo piano. In un negozio i clienti si trovano fianco a fianco, ma non formano una comunità. Ognuno persegue il proprio obiettivo. Ed è logico: i desideri sono individuali e soggettivi e, in mancanza di un fine comune, danno luogo a itinerari che solo casualmente si incrociano. Così noi assistiamo oggi al progressivo sfaldamento del gruppo-classe, di volta in volta frammentato dalle diverse esigenze dei suoi componenti. L'alunno si trova accomunato per un certo periodo di tempo a quei suoi compagni che condividono il suo interesse per una data attività, salvo poi lasciarli per trovarne altri che condividono un'altra attività, quando la prima è conclusa. L'idea di una solidarietà e di una responsabilità reciproca, caratteristica della comunità in senso proprio, lascia il posto a un rapporto meno vincolante, di occasionale collaborazione, che non educa più alla cittadinanza solidale. (La sfida educativa - pag.64)


More about La sfida educativa

sabato 12 dicembre 2009

io navigo, tu navighi, egli...

Chi, come me, aveva sperimentato la comodità (e tutte le altre qualità) del navigatore di casa Google - Google Chrome - è stato lieto di scoprire che qualche giorno fa era nata la versione per Linux Ubuntu. Lo consiglio a chi sta cercando un navigatore alternativo a Explorer e non si è trovato bene (chissà poi perchè - ma può succedere) con Messer Firefox

domenica 6 dicembre 2009

chi comanda?

Il computer non è (solamente) una macchina da scrivere. Lo posso utilizzare ma posso anche istruirlo in modo da fare svolgere a lui ("a esso" suona male) qualche compito. Questa attività si chiama: programmare. E' importante entrare in contatto con questa dimensione dell'informatica.
Al MIT hanno sviluppato un "ambiente" (?) per fare programmare i bambini: SCRATCH.
Stupefacente. Anche in italiano! (e per i piu' importanti sistemi operativi)

lunedì 5 ottobre 2009

C'è nessuno?


Si, ci sono. Non sono sparito.

Il fatto è che il precario è nomade. Se Giugno è il mese dello slancio finale, dell'ultimo sforzo, dell'estremo sacrificio (!?), Settembre è il mese del trasloco, scongiurato fino all'ultimo giorno, della nuova scuola, dei nuovi colleghi. Di tutto nuovo.

Del "nuovo" laboratorio di informatica tutto da conoscere e, aimè, da risistemare e rimettere a nuovo.

E poi lavori in casa, lavori in cantina, lavori in garage.
E figli che ricominciano la scuola.
E le solite mille cose che si affollano in questo strano (ma bellissimo) mese.

Insomma ci sono. Per me stesso innanzitutto. E per quei pochi che ogni tanto vengono a curiosare tra i miei pensieri.

Buon anno scolastico.

lunedì 1 giugno 2009

Il mese dei precari

Per noi precari della scuola il mese di Giugno è un mese speciale. 

Per noi l'anno scolastico incomincia sempre in salita, in affanno, buttati dentro una scuola uno o due giorni prima che il portone sia apra per i ragazzi. Una scuola biologicamente incapace, da sempre, di accogliere i nuovi arrivati, di trasferire loro le conoscenze necessarie, delle persone e dell'organizzazione. 
Per noi spesso la conferma arriva sola dopo mesi. Novembre, addirittura Dicembre. E spesso fa sussultare lo stipendio, che finalmente aveva preso il ritmo giusto.

E la nostra voglia di lavorare per costruire una scuola migliore si scontra con il nostro ruolo forzosamente defilato, obbligatoriamente subalterno. Di chi oggi c'è ma domani chi lo sa. E lottiamo giorno dopo giorno, soli, perchè la precarietà non ci avvolga come un torpore, come una malattia. E non spenga idee e ideali, aspirazioni e progetti. E per non essere stati invano, inutilmente.

Per noi precari della scuola il mese di Giugno è un mese speciale. I portoni si chiudono ma noi restiamo. Ci sentiamo come tutti gli altri, ora. Respiriamo, anche noi, in sala professori, nei corridoi, nelle aule, quell'odore acre di amara rassegnazione, di rinuncia, di resa. Oppure, talvolta, di prudente soddisfazione, di malcelato orgoglio. Le colpe sono anche nostre, nostri anche i meriti.

E ci sentiamo ricchi per queste quattro settimane che ancora abbiamo prima della fine, prima dell'estremo saluto. Un tempo in cui forse potremo lasciare un'ultima, preziosa, traccia. Giocare con attenzione e precisione le nostre ultime carte. Stringere amicizie e alleanze da conservare poi, alla partenza. Completare le molte cose soltanto accennate, solo appena abbozzate. E sentire che in fondo è stato un buon anno scolastico.

Il primo di Giugno.
Oggi inizia il nostro mese.
Oggi inizia il mese di noi precari.

mercoledì 13 maggio 2009

Immagine e Scuola

Tutto quello che riesco a fare in questo periodo di corse, rincorse, qualche passeggiata e parecchi impegni è di inserire questa interessante intervista a Roberto Maragliano. 

A presto.

sabato 28 marzo 2009

Cammina cammina

In questo periodo faccio molte passeggiate e ho meno tempo per meditare e srcivere. Mi perdoneranno i pochi lettori di questo blog, mi auguro.

Lascio comunque una interessante intervista a Roberto Maragliano...


giovedì 26 febbraio 2009

lunedì 23 febbraio 2009

Il medium dei media

Vi segnalo l'intervento di Luca Toschi al TED di Genova.
Semplice ma molto efficace

http://www.csl.unifi.it/lavagnadigitale/intervento.html

Internet a scuola?

Quando un tema che ci sta particolarmente a cuore e dal quale dipendono aspetti importanti della nostra vita  passa finalmente in modo improvviso dall'oblio quasi assoluto alla prima pagina dei giornali ci coglie una sensazione tra l'incredulità e l'euforia, come di chi vede finalmente riconosciuto un merito per lungo tempo negato o misconosciuto e per il quale ormai non nutriva più alcuna speranza.

In tali momenti è alto il rischio di pronunciare o peggio scrivere frasi dai toni eccessivi o fuori luogo, salvo pentirsene di lì a poco. Mi limito quindi a riferire il mero accaduto:

Questa mattina a pochi lettori di Repubblica sarà sfuggito l'articolo di Salvo Intravaia sulla prima pagina del quotidiano dal titolo "Internet non va più a scuola", sottotitolo "Ore ridotte per informatica: era una delle tre I della riforma Moratti". Si legge tral'altro nel primo paragrafo, sempre in prima, "Il taglio delle cosidette compresenze nella scuola primaria e la riduzione delle ore di Tecnologia nella scuola secondaria di primo grado renderà quasi impossibile l'insegnamento dei primi fondamenti di informatica e internet a bambini e ragazzini".

No comment.

venerdì 20 febbraio 2009

non solo LIMousine





La LIM non è solo la LIMousine, quella apparecchiatura sussiegosa e vagamente esclusiva che molti di noi hanno (intra)visto in qualche aula defilata o sotterranea della propria scuola...

La LIM può (e dovrebbe) essere una tecnologia semplice, economica, aperta.

Grande merito al Progetto Marconi dell'USP di Bologna di avere recepito e rielaborato le idee che da qualche tempo friggevano sulla rete e di avere definito e realizzato una LIM di basso profilo, economica e per nulla sussiegosa.

Per informazioni scrivere a: wiidea@usp.scuole.bo.it


Uno sguardo alla LIM


Qualche giorno fa ho preso parte ad una riunione in cui si parlava della LIM. La discussione e il confronto mi hanno suggerito alcune riflessioni.

1.
Come si colloca la LIM nell'ambito delle tecnologie educative? Certamente erano anni che le polverose aule scolastiche non conoscevano uno 
strumento didattico totalmente nuovo, almeno da un punto di vista meramente tecnico, come la LIM. Ma come sempre, avendo a che fare con le tecnologie educative, il punto focale non è lo strumento ma sono le strategie e le metodologie che si adoperano. In altre parole possiamo usare la vecchia lavagna di ardesia per fare della didattica fortemente innovativa; oppure strumenti ad alto contenuto tecnologico per riproporre vecchi schemi e vecchie strategie.
Bisogna allora chiarire quale sia il 
potenziale di impiego della LIM nella didattica in almeno due contesti: il primo riguarda l'utilizzo della LIM in appoggio a strategie didattiche ormai consolidate; l'altro riguarda la possibilità di basare sulla LIM nuove metodologie e nuove strategie, rese possibili da un suo impiego innovativo e originale. Un'approccio pragmatico dovrebbe dare la precedenza al primo dei due punti, passando alla considerazione del secondo solo una volta raggiunta una adeguata confidenza con il nuovo strumento.

2.
E' interessante notare come nel dibattito e nel confronto sulla LIM spesso emerga un atteggiamento che si potrebbe riassumere nella frase: "la stessa cosa la potrei fare anche ...". L'insegnante esperto, che usa abitualmente altre tecnologie, è portato razionalmente a isolare le singole funzioni della LIM e a suggerire e indicare strade alternative per fare la stessa cosa, ottenere gli stessi risultati.
Non bisogna però dimenticare che la presenza e la disponibilità stessa di una nuova tecnologia, come ci ha insegnato McLuhan, determinano un cambiamento nel nostro modo di percepire la realtà (scolastica e didattica) e quindi di agire all'interno della classe. Entrare quindi nel "mondo" della LIM significa adottare una nuova tecnologia didattica, in aggiunta a quelle già impiegate, e lasciare che la nostra mente, attraverso l'uso protratto nel tempo di questo strumento, lo accolga come una sua protesi (didattica) permanente. Solo così potremo usare la LIM in modo consapevole e pieno.

3.
Che cos'è la LIM? E' possibile darne una 
definizione? Indicarne la funzione, almeno la prevalente? Se ci concentriamo sulla versione non-interattiva, intendendo con ciò la versione priva delle apposite tavolette per l'immissione di informazioni in modo distribuito, credo si possa affermare, ma la questione non è affatto semplice, che la funzione predominante della LIM sia quella di comunicazione (di messaggi) e presentazione (di contenuti).

Quali le differenze, ad esempio, rispetto a 
un computer multimediale e connesso a internet abbinato ad un videoproiettore? Non è di poca importanza rispondere a questa domanda, o a domande simili: permette di affinare la propria comprensione delle diverse tecnologie didattiche, condizione necessaria per un loro uso efficace.

La LIM consente ad esempio, diversamente dall'apparato sopra descritto, di:
interagire attraverso una interfaccia amichevole ed ergonomica, del tutto simile a quella caratteristica della lavagna tradizionale. Il gesso viene sostituito da un "gesso virtuale" rappresentato dal puntatore che rende possibile scrivere e disegnare sulle immagini proiettate con varietà di segni e di colori. Va osservato di passaggio che la consueta interfaccia di un computer, con mouse e tastiera, non si distingue per essere particolarmente amichevole; quindi la LIM offre all'utente una molto maggiore immediatezza e facilità di utilizzo, soprattuto per la postura eretta tipica del lavoro d'aula.
memorizzare (ed eventualmente archiviare), sotto forma di successione di slide, il percorso di lavoro svolto durante una lezione;  per un utilizzo immediato, durante la stessa lezione, oppure per utilizzi successivi. Si noti la differenza rispetto al videoproiettore: in quel caso il percorso può essere semplicemente seguito ma non richiamato (se non in modo macchinoso) e "navigato" liberamente.

sabato 14 febbraio 2009

La settima arte


Premessa

Parliamo di Cinema e di Scuola. L'idea che vorrei esprimere in questo breve articolo può essere così riassunta: nella scuola, soprattutto nella scuola media, si ricorre alla visione di un film in modo spesso occasionale ed estemporaneo cogliendo solo in minima parte le grandi potenzialità formative ed educative nonchè didattiche di questo mezzo di comunicazione

Io, ad esempio

Se mi fermo a pensare a quella strana ed acerba età di passaggio a cavallo tra la fanciullezza e le prime avvisaglie dell'adolescenza, in cui convivono cozzando in maniera sgraziata atteggiamenti e comportamenti contrastanti, gli ultimi abbandoni infantili e le prime pulsioni sessuali, la mia mente spesso ritorna a quella scena di "C'era una volta in America" in cui un giovanissimo aspirante malvivente finisce per mangiarsi quella pasta ricoperta di panna montata che aveva inizialmente pensato di barattare con le "attenzioni" di una compagna di cortile particolarmente procace e libertina. Ve la ricordate quella scena?

Ma non è un fatto episodico e isolato: estraggo dalla memoria le scene che più si accostano alle situazioni che sto vivendo, ai momenti che sto attraversando. Le scene che meglio si prestano a gettare luce sugli eventi, a fornire una chiave di lettura e di interpretazione.

Ritengo che si tratti di un meccanismo comune e diffuso. Non ripeschiamo dalla nostra memoria solo esperienze dirette ma anche esperienze indirette come quelle rappresentate da scene cinematografiche, brani di letteratura o di poesia, canzoni, brani musicali, arie d'opera, ecc. Disponiamo, in altre parole, di un abaco di narrazioni che ci aiuta nell'affrontare le situazioni della vita e al quale ricorriamo continuamente. Lo stesso avviene per le nuove generazioni anche se i generi narrativi, per così dire, sono in continua evoluzione. A quelli tradizionali, a noi tanto familiari come la letteratura o il cinema, se ne aggiungono di nuovi come, ad esempio, il videoclip (prima su Video Music, adesso su You Tube) o il reality show.

E il cinema? Il cinema è uscito dalle sale per entrare nelle abitazioni, ma rimane un media di grande impatto anche per le nuove generazioni.

Una carrellata

Venendo alle nostre scuole, mi vorrei soffermare sull'impiego che viene fatto del medium cinematografico.
1. Il film ricorrenza. E' il caso del film proiettato in occasione di particolari ricorrenze, come la giornata della memoria oppure l'anniversario della liberazione. Nel migliore dei casi il film viene preceduto o seguito da qualche attività didattica, ma più spesso si tratta di una visione estemporanea e scollegata dal lavoro di classe.
Nel gergo scolastico per riferirsi al fatto che la visione di un film risponde a precisi (?) criteri didattici e non è affidata al caso si usa dire "Poi ci lavoriamo sopra" anche se spesso si ha la sensazione che il lavorarci sopra risponda ad esigenze di superficie quando non addirittura di semplice apparenza.
2. Il film storico. Si ricorre a questo tipo di proiezione quando si affronta un certo argomento storico, in Storia o in altre discipline. Si fa in questo caso del film un uso "libresco": esso potrà, si pensa, come e più di un buon libro, illustrare fatti e situazioni di quel particolare periodo storico.
3. Il film tappabuchi. E' forse uno degli impieghi più frequenti. Due ore di supplenza sono l'occasione per "infilare" la visione di un film, anche se molte volte il tempo non è sufficiente per arrivare ai titoli di coda, e quindi tutto rimane come sospeso e incompiuto. La scelta del film è piuttosto casuale e spesso risponde ad un compromesso tra intenzioni didattiche dell'insegnante e desideri di evasione degli alunni.

Visioni

Fatta questa rapida e non esaustiva carrellata, per usare un termine cinematografico, sulle modalità che più spesso si usano per proporre un film ad una classe, vorrei soffermarmi su alcuni punti in un ottica di miglioramento.

a. Il linguaggio cinematografico rappresenta uno strumento essenziale per la comprensione di qualunque messaggio visivo e non solo. Oltre al cinema ne fa ampio uso la pubblicità, il videoclip (quindi youtube ecc.) , il fumetto, la letteratura. L'area linguistica spesso si occupa in modo superficiale di questo linguaggio, quando non lo trascura del tutto. Sono convinto che la scuola abbia il compito di fornire le basi per la comprensione e l'impiego del linguaggio delle immagini in movimento.

b. Sono dell'idea che il cinema, anche nella sua versione domestica o scolastica, rappresenti un formidabile strumento di educazione e formazione e ne riconosco l'immenso potenziale culturale. Pensando poi alle giovani generazioni e ai cosidetti nativi digitali mi pare che il suo potenziale comunicativo sia ancora più prezioso. Il suo ruolo e la sua funzione, da sempre subordinati a quello affidato alla scrittura e al libro, dovrebbero invece godere di ben altra considerazione. Il cinema nella scuola merita di essere uno tra i principali strumenti didattici e non di svolgere mansioni accessorie e occasionali.

c. La visione di un film è una esperienza collettiva, corale e democratica. Il ruolo dello spettatore è comune e condiviso da tutti gli allievi. Il silenzio, la concentrazione, l'ascolto prendono il sopravvento. Il film diventa, o meglio può diventare, patrimonio della classe. Quindi anche elemento di comune identificazione, di coesione. Credo che la corretta visione di un film (continua, ininterrotta, senza uscite per il bagno o altre distrazioni) possa costituire un prezioso cemento per la formazione del gruppo classe.

Vorrei sottolineare un punto importante. L'esperienza collettiva della visione di un film è però accompagnata da quella individuale, differente da allievo ad allievo. Raramente, in ambito scolastico, si assegna a questa esperienza individuale e di forte impatto emotivo e affettivo un particolare valore. Spesso non se ne tiene conto e si procede ad un uso puramente strumentale del film, piegandolo ad un uso esclusivamente didattico quando non didascalico.

L'uso eccessivamente strumentale che spesso si fa del film rischia di attenuare o addirittura dissolvere sia l'effetto socializzante che quello affettivo ed emozionale.
Il risultato è che il film, invece di trovare una collocazione nel vissuto affettivo di ciascuno e di essere ammesso nella memoria collettiva e condivisa della classe, slitta più facilmente nel limbo dei "lavori scolastici" e forse presto sarà dimenticato.

In conclusione (per adesso)

A scuola allora si deve riflettere sull'uso che si fa del cinema e sull'uso che si potrebbe fare. La consapevolezza che i nostri ragazzi sono molto più vicini e inclini alla comunicazione visiva piuttosto che a quella tipografica deve farci trovare nuove strategie che restituiscano al cinema il ruolo che merita.

lunedì 9 febbraio 2009

Grazie Iacona

I mezzi di comunicazione.

La visione della (bella) puntata di Presa Diretta di ieri sera mi ha suscitato molte emozioni. La prima che sono riuscito a decifrare riguarda i mezzi di comunicazione.

Ho sempre pensato, da quando ho messo piede nella scuola come insegnante, che fosse un compito fondamentale quello di educare i giovani (e i giovanissimi) ad un uso consapevole e corretto dei mezzi di comunicazione di massa. La TV in primis. Poi la radio. Oggi YouTube. Insomma sono dell'idea che la "media education" debba essere un importante capitolo di qualunque progetto educativo o didattico, di qualunque POF.

E invece ho sempre visto le nostre scuole chiudersi di fronte ai mass media. Mai la TV. Mai la radio. Pochissimo internet, e sempre in luoghi ben isolati, ben perimetrati. Per non parlare dei videogiochi.

E invece eccole le classi che dico io! 
La TV, pronta per essere accesa e "smontata". Il computer, cardine ormai di ogni forma di comunicazione. E (ovvio, ma vai tu a capire) un videoproiettore (da quattro soldi, ma va benissimo) a soffitto, per mostrare ciò che si deve mostrare: programmi TV, video su internet, documentari, videogiochi, ecc.

"Si, ma con quali costi!" qualcuno dirà. Qualcuno che, viene da pensare, un giretto da Media World e all'IKEA non se l'è ancora fatto...

giovedì 5 febbraio 2009

Lingue

Nella biografia di Blaise Pascal scritta dalla sorella si legge di come egli sia stato formato dal padre:

Gli faceva conoscere in generale che cosa erano le lingue; gli mostrava come fossero state ricondotte ad una serie di regole grammaticali, le quali avevano poi delle eccezioni che venivano sottolineate con cura; e che così si era trovato il mezzo di rendere tutte le lingue facili a comunicarsi da un paese all'altro. Questa idea generale gli apriva lo spirito e gli faceva vedere la ragione delle regole grammaticali di modo che quando dovette studiarle sapeva perchè lo faceva e si applicava proprio alle cose che esigevano maggiore applicazione.

Mi sembra che questo racconto getti un po' di luce sull'acceso dibattito intorno alla (possibile) esclusione della seconda lingua straniera dall'istruzione di base, accompagnata questa esclusione da un corrispondente rafforzamento dell'insegnamento dell'inglese. Penso da tempo che l'insegnamento delle lingue nella scuola di base dovrebbe essere appunto uno studio "delle lingue", ovvero della grammatica di molte lingue in un'ottica trasversale. Meglio affrontare, ad esempio, contemporaneamente lo stesso argomento grammaticale in inglese, francese e spagnolo,  (e perchè no anche tedesco, arabo, cinese, ecc.) piuttosto che affidarlo separatamente a percorsi disciplinari distinti e separati. Perchè separare quello che è intrinsecamente unitario?
Perchè non insegnare ai ragazzi le lingue latine, ad esempio, come un "sistema" unitario?

Il fatto è che la discussione non è tra l'eliminare o il conservare la seconda o la terza lingua, bensì tra l'eliminare o il conservare le ore di quella disciplina (il francese e lo spagnolo in questo caso) e il relativo posto di lavoro. Impossibile risollevare il tenore della discussione e del confronto?

sabato 31 gennaio 2009

Problemi di orientamento


E' da diversi anni che mi interesso di orientamento. Credo infatti che rappresenti un compito fondamentale della scuola media e che, nello stesso tempo, sia una tra le attività meno efficaci (all'atto pratico) tra quelle che si svolgono nella scuola. Il mio intento con queste brevi note è di proporre una visione di orientamento, fondata sull'esperienza derivante dalla partecipazione a diversi progetti negli ultimi anni, e di stimolare un dibattito e un confronto.

Buone pratiche?

Recentemente la Provincia di Modena ha pubblicato un opuscolo indirizzato ai ragazzi che  finiscono la scuola media e ai loro genitori. Si intitola "Ho finito le medie, mi piacerebbe fare....".

Scrive nella presentazione Silvia Facchini, Assessore provinciale all'Istruzione e Formazione Professionale della Provincia di Modena, rivolgendosi ai ragazzi "Forse siete già  sicuri della scelta, oppure siete ancora indecisi. È importante che riflettiate sulla vostra esperienza scolastica, cercando di capire quali sono le materie che studiate più volentieri e con meno fatica, che cosa vi piacerebbe fare da grandi, cosa vi aspettate per il futuro. La scelta non è facile, ma cercate di essere sereni e affrontatela con la tranquillità  di aver sempre la possibilità  di cambiare indirizzo senza perdere gli anni di studio se strada facendo doveste accorgervi di aver sbagliato percorso."

E poi, rivolgendosi ai genitori: "Per questo nella guida troverete innanzitutto delle informazioni, verificate da esperti: informazioni sulle opportunità  disponibili nel nostro territorio e informazioni sul sistema di scuola superiore, perchè per favorire un consapevole percorso di scelta da parte degli studenti delle medie e delle loro famiglie il presupposto fondamentale è che ci sia chiarezza e accuratezza informativa su quali scuole sono presenti nel nostro territorio, quali indirizzi sono attivati e quali titoli di studio vengono rilasciati."

Questo approccio istituzionale al problema dell'orientamento dei ragazzi delle scuole medie mi pare abbastanza emblematico. Consiste nell'affrontare il tema dell'orientamento partendo dalle scuole superiori del territorio e dagli indirizzi di studio che esse propongono, supponendo implicitamente che le famiglie ne abbiano un'informazione lacunosa o quanto meno approssimativa. Si invita poi ad incrociare a queste informazioni quelle derivanti dal lavoro di auto-osservazione dei ragazzi sulla propria esperienza scolastica passata.

1. In primo luogo quindi si cerca di accompagnare il ragazzo in un percorso di conoscenza delle proprie qualità e attitudini personali. Elemento forte per questo tipo di valutazione dovrebbe essere, riprendendo l'intervento sopra riportato, l'identificazione delle materie che si studiano più volentieri e con meno fatica. Non si pensa quindi a collocare ogni disciplina in un contesto più ampio che ne colga le valenze culturali e, in prospettiva, di preparazione ad un potenziale ventaglio di sbocchi occupazionali. E nemmeno si allude ai fenomeni di tipo psicologico che permettono di trasferire alla disciplina la simpatia sperimentata per il docente.

2. In secondo luogo si pone molta attenzione sull'importanza di una rassegna delle realtà scolastiche disponibili sul territorio e tra cui dovrà cadere la scelta. Si auspica che i ragazzi diventino esperti di discipline della scuola superiore, di indirizzi di studio, di titoli e di diplomi. Non si allude al fatto che una simile competenza possa essere appannaggio solamente di un esperto di sistemi formativi e che un ragazzo di 13 anni (e spesso nemmeno i suoi familiari) non possieda strumenti conoscitivi e analitici così sofisticati quali quelli necessari per operare raffronti, valutazioni comparative, simulazioni,ecc.

Si assume implicitamente che il ragazzo, una volta presa confidenza con la propria vera (o presunta) natura, sappia poi identificare con ragionevole sicurezza la scuola che promette di valorizzare appieno le sue qualità e propensioni.

Le difficoltà della scelta

L'approccio che si è cercato di illustrare presenta, da quanto ho potuto osservare nelle scuole dove ho lavorato, non pochi inconvenienti. Ad esempio:

1. E' piuttosto difficile per un ragazzo che non ha, e non può in effetti avere, esperienza diretta di scuola superiore farsi un'idea corrispondente al vero di che cosa sia effettivamente un istituto secondario di secondo grado e di che cosa significhi frequentarlo in termini di impegno, ore di studio, partecipazione, spirito di sacrificio, ecc. Ancora più difficile è per lui mettere in relazione queste rarefatte informazioni, in prospettiva, con la percezione delle proprie reali qualità, competenze e motivazioni.
La distinzione tra un indirizzo e l'altro o tra un istituto e l'altro rischia di restare agganciata ad elementi troppo superficiali, se non addirittura stereotipati. Elementi che  hanno spesso a che fare con la scelta dei compagni di classe, con l'impressione (necessariamente superficiale) avuta dalla visita alla scuola, con il consiglio di qualche professore, dei genitori o di qualche parente. 
2. Le varie discipline di indirizzo che costituiscono l'ossatura della scuola superiore che si cerca di conoscere sono spesso discipline nuove per i ragazzi, di cui si sa poco o niente e i cui connotati vengono affidati alle presentazioni delle singole scuole (i famosi Open Day) senza che a livello istituzionale se ne tratteggi il profilo. E' quindi tutt'altro che facile farsi un'idea di quel particolare indirizzo di studio e di quale possa essere il suo impatto complessivo sulla propria carriera scolastica e, in prospettiva, su quella professionale. Molto vaga resta anche la distinzione tra i differenti profili di uscita raggiungibili attraverso un determinato istituto secondario. Vengono il più delle volte presentati come delle sterili etichette poste a suggello di un non meno fumoso percorso di studio. Poco o nulla si dice sul dopo, cioè sulle complesse dinamiche attraverso le quali quel particolare titolo o diploma entrerà in relazione e in risonanza con i meccanismi del mondo del lavoro o dell'istruzione universitaria, e più in generale sugli assetti complessivi della propria vita di giovani-adulti.

Nel complesso la sensazione che rimane a chi partecipa a vario titolo alle attività dei progetti didattici sull'orientamento, è che i ragazzi e i loro familiari nonostante tutto non riescano a raggiungere una sufficiente consapevolezza che consenta loro di prendere una decisione serena e adeguatamente fondata e della quale non debbano pentirsi di lì a poco tempo.

Vie alternative

Se le strade finora battute non hanno dato i risultati sperati occorre mettere in campo nuovi modelli e sperimentare approcci differenti da quello tradizionale. Mi accingo quindi a delineare un modello alternativo fondato su un cambiamento di prospettiva.

Ciò che vorrei proporre è di mettere al centro del progetto di orientamento un concetto finora rimasto sempre in secondo piano, se non addirittura del tutto trascurato: il traguardo finale del percorso di formazione

Si tratta in sostanza di lavorare, invece che sul momento iniziale, sul punto di arrivo del percorso scolastico superiore. I riflettori si spostano sugli assetti complessivi di un giovane che, al termine del percorso di studio, entra progressivamente in contatto e in relazione con il mondo lavorativo e le sue complesse dinamiche. Assume in quest'ottica grande rilievo l'esito lavorativo di tutto il percorso, cioè il mestiere effettivamente svolto da una certa persona che ha seguito quel particolare iter formativo. 

In altre parole l'approccio qui delineato pretende di mettere al centro dell'attenzione e dell'osservazione non le singole scuole (con i loro molteplici e spesso misteriosi indirizzi) ma singole e ben individuate Persone, caratterizzate dal loro specifico mestiere o dalla loro specifica attività professionale. Si vogliono mettere a fuoco e indagare quei meccanismi, complessi ma non incomprensibili nè insondabili, che accompagnano e determinano la graduale trasformazione di uno studente in un lavoratore. Meccanismi fortemente influenzati e condizionati dall'iter scolastico seguito dopo la scuola media.

Un approccio del genere alla questione dell'orientamento presuppone di rivolgere lo sguardo nella direzione del mondo adulto e professionale, un mondo spesso poco presente all'interno dei tradizionali orizzonti scolastici della scuola media. Rivolgere lo sguardo e l'attenzione, quindi, su una persona viva e reale, con un nome, una storia di studi, di scelte, di decisioni, con un mestiere.

Ma, concretamente, dove ricercare questo "materiale umano"? Si potrebbe procedere con l'identificazione di soggetti significativi all'interno della cerchia di adulti (soprattutto di giovane età) in cui sono immersi gli stessi studenti. Quindi parenti, familiari, amici dei familiari ecc. I soggetti significativi, opportunamente coinvolti in questo tipo di attività, potrebbero essere intervistati dagli stessi ragazzi e le loro "storie" potrebbero andare a costituire una banca dati (in progressivo accrescimento e aggiornamento) dalla quale attingere preziose informazioni. Col tempo si potrebbero evidenziare, nella massa delle informazioni raccolte, percorsi di vita emblematici e caratteristici. Prenderebbe forma una sorta di "abaco" di possibili percorsi formativi, riconducibili alla reale e concreta esperienza di testimoni. Aspetti della vita professionale (quando non della vita tout court) finora trascurati come la soddisfazione, la gratificazione, la remunerazione, l'etica, la sicurezza, la mobilità, la responsabilità, il rischio, assumerebbero un ruolo centrale e decisivo.

In definitiva al ragazzo verrebbe affidato probabilmente un compito più semplice e proporzionato alle sue reali capacità: gli sarebbe richiesto uno sforzo di proiezione e di immedesimazione su storie e vicende (umane e di studio) ben individuate, appartenenti a persone del mondo reale. La scelta della scuola superiore potrebbe così inserirsi in un contesto più ampio, in una riflessione più profonda e articolata sulla propria vita. Il rispecchiamento con la scelta fatta da adulti di cui si sono conosciute motivazioni ed esiti professionali garantirebbe maggiore affidabilità alla propria scelta. Il focus della sua decisione passerebbe da un generico "vorrei frequentare quel tipo di scuola" a un ben più mirato e motivante "vorrei raggiungere quel traguardo lavorativo per assomigliare a quella persona che ho conosciuto".

mercoledì 28 gennaio 2009

Effetà

Insegno quest'anno in una scuola particolare. D'accordo, ogni scuola lo è in un certo senso... ma questa veramente. Ad esempio i ragazzi sono quasi tutti di famiglie non-italiane, magari in Italia solo da pochi anni, e non di rado con situazioni problematiche varie.

Scrivo questo post per raccontare la sensazione insolita che ho provato qualche giorno fa, sensazione che ho poi capito essere condivisa anche da altri colleghi, nella mia e in altre scuole.

Ero in una classe e stavo parlando per fornire indicazioni e istruzioni utili per non so quale attività. Fatto sta che a un certo punto mi sono accorto che quel mio parlare era inutile, che le mie parole, alle quali io pretendevo di affidare un certo messaggio definito e particolareggiato, rimbalzavano addosso ai miei giovani ascoltatori, cadevano in terra senza più un alito di vita. Insomma, come spiegavo la sera a mia moglie (insegna anche lei), la sensazione di parlare a sordi, a non udenti. E di quelli che non hanno imparato a leggere le parole sulle labbra.

Mi sono interrogato sul perchè. E ho tentato di abbozzare una risposta.

Il nostro parlare, intendo il parlare di quelli della nostra generazione, dai trenta ai cinquanta per intenderci, è un gergo esclusivo, una lingua elitaria. E' una lingua nata da una frequentazione libresca straordinaria, fatta di decine e decine di libri ogni anno per molti anni. E' una lingua che assomiglia in modo impressionante a un libro stampato: è come se il nostro parlare fosse in realtà la lettura ad alta voce di un testo che, con abilità unica e straordinaria, riusciamo a comporre all'istante nella nostra mente tipografica. E' una lingua che nasce scritta e solo successivmente, e senza modifiche, si fa parlata.

I nostri ascoltatori no. La loro lingua è tutt'altra. Tanto intellettuale e tipografica è la nostra quanto corporale e spontanea è la loro. Noi non la sappiamo parlare la loro lingua. Non è fatta di parole, è un linguaggio non verbale la loro lingua. Siamo spaesati, attoniti, come chi, senza conoscerne la grammatica, vede un sordomuto che gli rivolge un messaggio fatto di gesti e di segni. Fatto di emozioni, di sensazioni.

Forse è arrivato il momento di abbandonare, almeno a scuola, la nostra lingua, il nostro dialetto esclusivo da bibliofili. E di imparare le lingue dei gesti, dei segni, delle immagini.

lunedì 26 gennaio 2009

Cosa vogliamo fare?

Mi domando: ma che cosa vogliamo fare di questa scuola?
Vogliamo continuare a fare finta che vada tutto bene?

venerdì 23 gennaio 2009

Qualche buona lettura ...


Autocitazione: ho scritto questo post in un blog di qualche tempo fa, ora chiuso. Lo inserisco qui con qualche piccola correzione...

La disciplina che si occupa della Scuola come organizzazione non ha ancora una sua vera autonomia e non ha ancora un nome, se mai l’avrà. Sta di fatto che esistono però molti riferimenti utili per chi debba o semplicemente desideri approfondire le proprie idee e convinzioni sul funzionamento della Scuola. Darò nel seguito alcuni cenni per fornire un semplice punto di partenza.

Suggerirei di prendere in considerazione due autori: Piero Romei e Giuseppe Fumarco, il primo purtroppo prematuramente scomparso. Romei è stato docente di Teoria dell’organizzazione all’Università di Bologna mentre Fumarco opera prevalentemente a Torino, nell’ambito dell’IRRE.

Un testo fondamentale da cui si potrebbe partire è “Guarire dal mal di Scuola” di Romei (La Nuova Italia, 2000). Il titolo non deve ingannare: è un testo dal taglio serio e documentato, in linea con lo stile di questo grande studioso. Il linguaggio usato e gli argomenti trattati sono accessibili anche a chi li affronti per la prima volta.
Dello stesso anno è “Cultura e pratica dell’autonomia - manuale per l’organizzazione scolastica” di Fumarco (La Nuova Italia, 2000). Si tratta di un volume più impegnativo che affronta in modo capillare una grande quantità di questioni. I riferimenti al lavoro di Romei sono espliciti in diversi punti.

A distanza di alcuni anni Romei e Fumarco sono tornati alle stampe con due testi che si possono ritenere a mio parere fondamentali. “Fare l’insegnante nella scuola dell’autonomia” di Romei (Carocci, Giugno 2005) e “Professione docente - ruoli e competenze” a cura di Fumarco (Carocci, Ottobre 2006). Il libro curato da Fumarco documenta il lavoro di un gruppo di ricerca attivato in ambito IRRE e risulta più ricco ed esaustivo ma lo stile e la sintesi di Romei rimangono insuperabili.

sabato 17 gennaio 2009

LIM: opportunità o rischio


Premessa

Conosco la LIM (lavagna interattiva multimediale) per averla usata un paio di anni fa nella scuola media di Ozzano dell'Emilia dove ero in servizio. Però l'ho usata per poco tempo e in poche occasioni quindi non posso certo definirmi un esperto o uno sperimentatore, condizione invece essenziale a mio avviso per cogliere gli aspetti e le qualità meno immediate e più significative di qualunque tecnologia educativa.

Detto ciò vorrei comunque svolgere alcune considerazioni sulla LIM che nel loro complesso definiscono una posizione contraria o almeno scettica rispetto alla sua (annunciata) massiccia introduzione e diffusione e che ritengo possano essere di un qualche interesse e spero di qualche utilità. Ben lungi dal voler assumere una posizione conservatrice o peggio reazionaria, il mio intento è di temprare, se così si può dire, le ragioni a favore dell'introduzione della LIM nella didattica per ripulirle da quel poco (o tanto) di facile entusiasmo che sicuramente non giova al dibattito in corso.

Quali competenze?

Un uso della LIM presuppone una discreta competenza tecnologica da parte dell'insegnante, sia per il suo funzionamento elementare (accensione, utilizzo, spegnimento) che per il suo corretto ed utile impiego. Nella scuola media possiede queste competenze solo una minoranza dei docenti, a mio avviso abbastanza esigua. A mettere in crisi e a gettare nel panico basta un lettore DVD poco amichevole, un cavo scollegato, una presa scart difettosa. Normalmente gli insegnanti non usano le tecnologie a scuola perchè non le usano nemmeno a casa, le temono, le evitano. Esiste quindi a mio avviso, ancora, un problema fondamentale di alfabetizzazione tecnologica e informatica del corpo docente. Non è difficile riconoscere come su questa situazione di persistente analfabetismo pesi il ruolo subalterno in cui viene ancora mantenuto, nella scuola di base, l'insegnamento delle materie tecnologiche.

Mediatori o somministratori?

Uno degli argomenti dei fautori della LIM e della sua introduzione è che attraverso e grazie ad essa possa finalmente entrare nella scuola un nuovo modello di insegnamento / apprendimento, più coinvolgente, più motivante. Ma quale sia questo modello non viene sufficientemente illustrato e risulta a mio avviso poco chiaro. Potremmo forse affermare, sperando di non deviare troppo dal vero, che il modello a cui si tende vede l'insegnante più come un mediatore tra allievi e sapere che come un somministratore o un erogatore di contenuti, introducendo una significativa trasformazione del suo ruolo rispetto ad una lunga tradizione scolastica.

Ma quest'idea, che nelle sue linee generali è a mio avviso del tutto condivisibile, presuppone un mutamento di prospettiva che vede appunto l'insegnante farsi accanto all'allievo (non più di fronte, magari dietro la cattedra) e affiancarlo nell'utilizzare gli strumenti che gli sono familiari (all'insegnante, intendo) nell'esplorazione, elaborazione e condivisione di conoscenza, assumendo quindi una funzione fondamentale di esperto e di guida.

Ora la LIM, lungi dall'essere uno strumento di elaborazione della conoscenza, si caratterizza piuttosto come un sofisticato strumento di presentazione e di intrattenimento, manovrato e governato dall'insegnante, cioè da colui che dovrebbe invece mettersi da parte, fare per così dire un passo indietro, per lasciare il controllo all'allievo. Non quindi un allievo al timone, supportato e sostenuto da un insegnante-coach (allenatore) ma un allievo passivo, in ascolto (o se volete in "audio-visione"), ancora una volta rivolto alla solita lavagna, benchè resa più accattivante e finalmente aggiornata all'era digitale.

Vale la pena ribadire come qui non si voglia affermare che la LIM non possa essere usata in modo intelligente e didatticamente efficace, ma si intenda piuttosto mettere in piena luce la sua essenziale proprietà in quante strumento tecnologico e didattico, che è appunto quella che si è detto sopra. Riprendendo la vecchia ma sempre efficace distinzione di Mc Luhan tra media caldi e media freddi, l'impressione è che si voglia sostituire un media freddo come la lavagna tradizionale, che richiede da parte degli studenti una loro attivazione per "riempire" il suo "vuoto" di informazioni e di stimoli, con un media caldo cioè ad alta definizione e a più alto contenuto informativo ma con un conseguente minore coinvolgimento. Questo è sbagliato per almeno due motivi: 1) le statistiche mostrano come il mondo giovanile si stia lentamente affrancando dalla dipendenza televisiva, preferendo all'assordante (calda) comunicazione televisiva una più umanizzante e rarefatta (fredda) forma di oralità secondaria, quale è quella della comunicazione tramite SMS o IMS (chat, messenger, ecc); 2) il mondo scolastico, che sta faticosamente introducendo il computer (media a bassa temperatura e ad alto coinvolgimento) e l'uso della rete internet (per non parlare del videogioco e della simulazione al computer) nella sua prassi didattica abituale, si vede improvvisamente proiettato in una direzione "mediatica" di segno diverso per non dire opposto.

Per concludere, riteniamo che il mondo scolastico potrà trarre qualche vantaggio dalla progressiva introduzione della LIM se esso si accompagnerà da un lato al rafforzamento della presenza del computer e della connettività internet nelle aule scolastiche, dall'altro se non spegnerà  (e il rischio è concreto) i tanti e significativi tentativi di innovare la didattica nella direzione di un apprendimento che sia maggiormente coinvolgente, collaborativo e cooperativo.

giovedì 15 gennaio 2009

Cultura informatica

Un paio di mesi fa il Miur ha emesso un documento molto interessante riguardante l'Informatica e il suo insegnamento nella scuola di ogni ordine e grado. Il testo fornisce una visione convincente relativa al duplice e irrinunciabile ruolo dell'Informatica come disciplina di insegnamento: ruolo culturale e ruolo strumentale.

Se ne può ricavare l'indicazione e l'auspicio molto generale che (penso alla scuola Media) l'Informatica sia insegnata dai docenti di area matematico-scientifica-tecnologica ma che sia (largamente) impiegata da tutti i docenti.

Il documento ha per titolo: "Proposta di un syllabus di Elementi di Informatica per il primo ciclo – anno 2008"