Pagine

lunedì 9 dicembre 2013

Medicina e didattica tra pratica e ricerca


Il medico e il ricercatore pur occupandosi di una stessa malattia o patologia lo fanno perseguendo generalmente obiettivi abbastanza diversi. Per il medico la priorità è quella di accompagnare il suo paziente alla guarigione o ad un miglioramento del suo stato di salute, avvalendosi di una o più terapie di comprovata efficacia; per il ricercatore la priorità è comprendere più accuratamente ogni aspetto di quella data patologia e individuare quale terapia garantisca i risultati migliori per la generalità dei pazienti. Per il medico quindi al centro dell'attenzione c'è la persona del paziente e la sua specifica condizione ed è fondamentale la relazione che con lui si viene a creare. Per il ricercatore invece al centro dell'attenzione c'è la particolare patologia indipendentemente dal paziente che la manifesta ed è fondamentale, prima ancora della guarigione del paziente, l’accrescimento di conoscenza sulla malattia che può essere conseguito, a beneficio evidentemente - anche se non immediatamente - di un numero molto più ampio di pazienti, che sono però pazienti in un certo senso “virtuali” diversamente dal paziente “reale” portatore, lì e in quel momento, della patologia. Naturalmente la medicina necessita di bravi medici come di bravi ricercatori. Esistono certamente esempi di eccellenti medici che hanno dato significativi contributi alla ricerca medica come di brillanti ricercatori che si sono anche distinti per notevoli capacità mediche.

Quello che vale nel campo della pratica medica può valere essenzialmente anche nel campo della pratica didattica. Il sistema dell'istruzione necessità sia di buona pratica didattica sia di buona ricerca didattica. Nel ruolo dell'insegnante si compongono e si fondono entrambe le dimensioni, della pratica didattica e della ricerca didattica; la prima relativa soprattutto alle attività cosidette “in presenza”, a contatto diretto con gli allievi; la seconda relativa prevalentemente alle attività che precedono o che seguono la lezione: attività di programmazione, di progettazione, di documentazione come anche di formazione e di aggiornamento.

L’opinione di chi scrive e che tra le due componenti si debba stabilire, per la migliore qualità ed efficacia di ogni intervento educativo o formativo, un adeguato bilanciamento. Ci sembra al contrario che in molti contesti scolastici si stia progressivamente rafforzando la componente della pratica didattica (lezione, interrogazione, verifica, ecc) a scapito della seconda componente, quella della ricerca (progettazione, sperimentazione, documentazione, innovazione, ecc). Ci pare inoltre che questo sbilanciamento abbia conseguenze gravi in termini di irrigidimento del sistema dell'istruzione e progressivo indebolimento delle sue dinamiche interne di apertura all'innovazione e al rinnovamento.

Allora forse è necessario che la mentalità dominante negli ambienti scolastici cambi nella direzione di una maggiore attenzione e di un maggiore riconoscimento nei confronti di ogni attività di ricerca e di una più esplicita valorizzazione dello studio, della formazione, dell’aggiornamento. Occorre quindi che l'insegnamento sia sempre di più l'attività di un “professionista riflessivo” - alla Schon, per capirci - impegnato in un costante ripensamento dello scopo e del significato della proprio ruolo, e sempre meno quello di un operatore didattico mero esecutore di mansioni scolastiche, indifferente al contesto più ampio e generale in cui si colloca il suo operato. Diventa fondamentale recuperare pratiche sociali e culturali che oggi rischiano di sparire da troppi ambienti e contesti scolastici (e non solo scolastici): la discussione, il dibattito, l'approfondimento, la lettura (così come la scrittura) di saggi o materiale scientifico di argomento educativo, didattico, pedagogico, solo per fare qualche esempio. Ma questo mutamento comporta da parte degli insegnanti un ripensamento critico sul proprio ruolo sociale, sulle proprie potenzialità e competenze, forse anche sulla propria autentica vocazione lavorativa.

2 commenti: